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In pensione più tardi e con assegni più bassi dal 2019![]() Aumentano i requisiti per l’uscita dal lavoro e diminuiscono i coefficienti di trasformazione: così la pensione si allontana e si abbassa. In pensione a 67 anni, ma con assegni più bassi: è questo lo scenario che si prospetta nel 2019, nel caso in cui non siano accolte le richieste dei sindacati, che domandano il blocco, o almeno un aumento più leggero, dei requisiti per la pensione. Secondo le ultime stime Istat, nel 2016 la speranza di vita media è aumentata, quindi non è possibile disporre il blocco degli adeguamenti sulla base dei decrementi della speranza di vita registrati nel 2015; inoltre, considerando che le casse dell’Inps sono sempre più in rosso, si vorrebbe fare “cifra tonda” e mandare tutti in pensione a 67 anni, anziché a 66 anni e 11 mesi come originariamente previsto dalla legge Fornero; parallelamente alla pensione di vecchiaia, tutte le altre prestazioni soggette ad adeguamento aumenterebbero i loro requisiti di 5 mesi (la pensione anticipata sarebbe così raggiungibile con 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne). Ma non è finita qui: in pochi, difatti, hanno considerato che l’aumento dei requisiti per la pensione si accompagna alla riduzione dei coefficienti di trasformazione, abbassando di conseguenza la prestazione: un meccanismo, anche questo, previsto dalla legge Fornero, volto a evitare che alla crescita dell’età pensionabile si accompagnasse una crescita esponenziale degli assegni, determinando così il default del sistema previdenziale. Vediamo dunque, per capire meglio la situazione di chi si pensionerà dal 2019 in poi, come mai la diminuzione dei coefficienti di trasformazione abbassa la pensione. |
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