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  1. In data 20/08/2016 16:10:33 a pubblicato
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    Nissan, in Brasile presenta l’auto che va ad acqua e alcol – FOTO


    Si chiama e-Bio Fuel-Cell ed è un veicolo commerciale. E' spinto da energia elettrica prodotta da un generatore alimentato da una mescola di acqua e bioetanolo. Il numero uno di Nissan Carlos Ghosn dice che arriverà in commercio nel 2020

    Alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, non abbia immaginato (e desiderato) un’auto che andasse adacqua. Ecologica e facile da rifocillare, con costi quasi risibili e la possibilità di reperire “carburante” quasi ovunque. Solo un sogno? Stando al prototipo presentato dalla Nissan in Brasile, a margine dei Giochi Olimpici di cui è uno degli sponsor, assolutamente no.

    La vettura in questione (o meglio, il veicolo commerciale) si chiama e-Bio Fuel-Cell, ed è spinta daenergia elettrica ricavata tramite un generatore alimentato da bio-etanolo. O meglio, da un cocktail di acqua e alcol che tramite reazioni chimiche con l’idrogeno e l’ossigeno dell’atmosfera produce appunto l’elettricità di cui il sistema di trazione ha bisogno.

    Secondo quanto affermano i tecnici della Nissan, il processo è assolutamente eco-sostenibile. “A differenza di una normale Fuel-Cell, che non abbatte totalmente l’anidride carbonica, in quella conbio-etanolo le emissioni nocive sono eliminate dal processo di coltivazione della canna da zucchero, necessaria per ottenere il bio-carburante”. E, notoriamente, di canna da zucchero in Brasile ce n’è in abbondanza, al punto da aver favorito un ampio mercato di auto cosiddette “flexi-fuel”.

    Il prototipo Nissan utilizza indistintamente sia la mescola acqua-etanolo sia quest’ultimo solamente, e potendo contare su una Fuel Cell ad Ossido Solido teoricamente può garantire (ma questo saranno i test su strada che si stanno effettuando in Brasile a confermarlo) un’autonomia simile alle vetture con motore termico: 600 chilometri, pur essendo a tutti gli effetti un’auto a batteria.

    La casa giapponese, per bocca del suo numero uno Carlos Ghosn, sostiene che “il prototipo è giàoperativo e potrà arrivare in commercio nel 2020“. Al netto delle perplessità riguardanti, tra l’altro, il maggiore sfruttamento delle coltivazioni per ottenere il bioetanolo necessario, potrebbe essere unarivoluzione. Che immaginiamo non verrebbe presa molto bene dai signori del petrolio.



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  2. In data 20/08/2016 06:18:38 a pubblicato
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    CANCRO, È SVOLTA! LO SCIENZIATO ITALIANO: “DISTRUGGE LA MALATTIA”

    E’ stato messo a punto un farmaco composto da nanoparticelle in grado di penetrare direttamente nelle metastasi causate dal cancro al seno in organi come polmoni e fegato, distruggendole.

    Il nuovo nanofarmaco, scrive l’Ansa, è stato sperimentato al momento solo su topi, con risultati che sono stati definiti ”sbalorditivi”, tanto che si punta ad avviare i test sull’uomo nel prossimo 2017.

    La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Biotechnology, è frutto del lavoro del team di ricercatori dello Houston Methodist Research Institute, guidati da Mauro Ferrari, uno dei maggiori esperti di nanotecnologie in medicina a livello mondiale.

    Il nuovo nanofarmaco chiamato iNPG-pDox ha detto l’esperto all’ANSA, ”si dimostra capace di curare completamente le metastasi polmonari ed al fegato in modelli animali, ovvero in topi con tumore al seno. Circa il 50% delle cavie raggiunge infatti la completa guarigione, con un equivalente umano di oltre vent’anni di vita senza evidenza di tumore residuo. Un risultato importantissimo alla luce del fatto che non ci sono terapie attualmente disponibili per i tumori metastatici, di origine mammaria o di qualsiasi altra origine”.

    “Non farei mai promesse eccessive alle migliaia di malati di cancro – ha aggiunto Ferrari – ma i risultati sono sbalorditivi. Stiamo parlando infatti della possibilità di arrivare alla cura dei tumori metastatici”.

    La grandezza di questa nuova tecnologia, sta nel fatto che proprio grazie al nuovo farmaco, le nanoparticelle sono in grado di trasportare la cura fino al cuore delle cellule cancerose delle metastasi. Il farmaco attivo viene dunque rilasciato solo all’interno del nucleo della cellula metastatica, superando i meccanismi di resistenza ai farmaci messi in atto dalle stesse cellule del cancro.



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  3. In data 19/08/2016 13:07:29 a pubblicato
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    GIOIELLI MODENESI: I 4 BORGHI DA VISITARE

    L’abitudine di visitare grandi città o monumenti -per lo più famosi- ci può portare a trascurare veri e propri gioielli del nostro territorio, come i piccoli borghi. Oggi ve ne faremo conoscere quattro. Quasi tutti adagiati sull’Appennino modenese.

    Montalbano di Zocca


    È nominato per la prima volta nella dedizione del 1197 al Comune di Modena. Nel 1306 i Capitani di Montalbano sono annoverati nel Libro delle famiglie nobili e potenti di Modena. Tornato sotto il dominio diretto degli Estensi, Montalbano fece parte della Podesteria di Montetortore dalla quale venne distaccato nel 1629 per essere infeudato prima al marchese Giovanni Maria Barbieri Fontana poi al marchese Bellincini. Nel 1637 divenne feudo dei Montecuccoli sotto i cui discendenti rimase fino alla fine del XVIII.
    Montalbano è da sempre il paese “dalla terra pendente” forse perché le case dell’antico borgo si arrampicano quasi in verticale alla parete sud del Monte della Riva. Da questo borgo si ammira uno stupendo panorama: a nord i boschi che risalgono la Riva mentre a sud lo sguardo spazia oltre la valle del Rio Missano e arriva fino al crinale dell’appennino tosco-emiliano, dominato da Corno alle Scale e Monte Cimone.
    L’abitato antico si raccoglie compatto attorno alla chiesa dell’Assunta. Le abitazioni chiudono stretti vicoli e si arrampicano ai boschi del Monte della Riva.



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  4. In data 19/08/2016 13:06:30 a pubblicato
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    GIOIELLI MODENESI: I 4 BORGHI DA VISITARE

    Lavacchio


    Di grande interesse in questa antica frazione del comune di Pavullo nel Frignano, è la chiesetta cinquecentesca dedicata a Sant’Anna con il campanile posto nel mezzo della facciata. La prima menzione di Lavacchio risale al 1034. Fortificato a più riprese, diventa nel 1242 uno dei maggiori punti difensivi della zona. La località di Lavacchio è compresa della frazione di Niviano e trova il suo simbolo nella Torre del XIII secolo, ripristinata grazie al Circolo Culturale di Lavacchio. Lavacchio è famosa per murales, dipinti sui muri che caratterizzano il borgo.

    Torre Maina


    Il borgo di Torre Maina (Maranello) nella vallata del torrente Tiepido, è dominato dall’alta torre trecentesca che apparteneva a un organismo fortificato di cui restano avanzi di mura in ciottoli di fiume. La sommità è ora coperta da un tetto a due falde, ma rimangono ancora visibili i resti dei beccatelli dell’apparato a sporgere e le tracce dell’antica merlatura. La chiesa parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo, che ha il titolo di pieve, si eleva isolata sulla collina; risalente al X secolo, si presenta in forme tardo ottocentesche, con interno a tre navate e nell’abside un dipinto con i Santi Pietro e Paolo del modenese Luigi Manzini, attivo nei decenni centrali dell’Ottocento.

    Ospitale di Fanano


    Il nome della località deriva dalla presenza in loco, nel periodo medioevale, di un ospizio benedettino sul quale fu poi edificata la Chiesa Parrocchiale dedicata a San Giacomo.
    L’ospizio venne fondato, insieme al monastero di Fanano, da Sant’Anselmo che dal re longobardo Astolfo aveva ricevuto in dono il territorio di Fanano e di Sestola. Tre anni dopo, nel 752, Anselmo diede vita a un altro monastero a Nonantola. La strada che collegava i due monasteri benedettini, chiamata Via Romea Nonantolana, assunse un’importanza strategica di tutto rilievo, poiché permetteva il collegamento, attraverso il Passo della Calanca, con i ducati longobardi di Spoleto e di Benevento. La strada fu quindi percorsa da milizie, corti reali, viandanti, pellegrini che si recavano a Roma. Al decadere di Nonantola e all’affermarsi delle potenze autonome e rivali di Modena e Bologna venne meno l’unità dei territori nei quali la Via Romea Nonantolana si snodava. Ciò comportò il declino e la frammentazione del percorso, anche se un antico tracciato nei pressi di Fanano venne utilizzato per tutta l’epoca feudale divenendo la “Mutina Pistoria”, strada citata in un trattato siglato nel 1225 tra il Comune di Modena e quello di Pistoia.



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  5. In data 19/08/2016 11:18:00 a pubblicato
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    Torna a vivere la storica ferrovia Ceva-Ormea


    Quando si pensò di realizzarla, nel 1885, «bucando» le montagne che dividono la Granda da Imperia, l’intenzione era arrivare fino al mare. Con dieci stazioni. Ma all’ultima, Oneglia, non si giunse mai. Perché la linea ferroviaria Ceva-Ormea, nel frattempo superata nelle strategie della politica dalla futura Cuneo-Nizza, esaurì i binari nell’estrema val Tanaro. Non fu che la prima disavventura di una storia travagliata, fra proteste e tagli. Fino a quello, ritenuto definitivo, del 16 giugno 2012, con la sentenza delle Ferrovie: è un ramo secco, dunque va soppresso. Fra qualche settimana, però, il trenino tornerà a sferragliare in vallata. E tanti bambini lo vedranno per la prima volta. Come linea turistica.  

    Dopo il felice «esperimento» d’inizio febbraio, quest’anno le corse saranno cinque: domenica 11 e 18 settembre, il 16 e 23 ottobre e l’8 dicembre. Ogni viaggio sarà dedicato a un tema e una località in particolare, coinvolgendo associazioni e amministrazioni della vallata. Che al progetto lavorano da tempo, «marcando stretto» Regione e Fs. Per convincerle che l’itinerario tra Ceva e Ormea merita di essere valorizzato per natura, enogastronomia, arte, cultura, outdoor. 

    Prima su un carrello scoperto, poi sul convoglio di febbraio, Luigi Cantamessa, capo della fondazione, il percorso lo ha fatto tutto. E si è persuaso. «Impossibile dire di no» a Giorgio Ferraris, sindaco di Ormea che, nei primi anni di mandato, guidò migliaia di valligiani a bloccare l’autostrada per scongiurare la chiusura della ferrovia e ora si è impegnato a farla rinascere. «La Ceva-Ormea è l’opera più importante che lo Stato abbia realizzato in valle. È un nostro dovere morale non permettere che vada perduta. La ferrovia ha modificato l’economia locale, portando industria e turismo. Non risolverà i tanti problemi, ma potrà dare una speranza di ripresa, anche nell’ottica di una riconversione, che valorizzi l’agricoltura di montagna e il turismo», dice Ferraris. 

    I treni (tranne l’8 dicembre, «corsa di Natale») partiranno tutti alle 9,05 e rientreranno alle 19,51 a Torino Porta Nuova. Soste a Lingotto, Carmagnola, Savigliano, Fossano, Mondovì, Ceva, per poi entrare in val Tanaro, con tappe a Nucetto, Bagnasco, Pievetta di Priola, Garessio e Ormea. In primavera altre «uscite». Con gli itinerari «bianco», «verde» e «giallo». Come sarà il convoglio è ancora top secret. Dovrebbe trattarsi di tre carrozze «100 porte» da 80 posti l’una, con sedili in legno, un vagone di servizio e una locomotiva (a settembre e ottobre un diesel D345, a dicembre un antico locomotore a vapore). Un po’ diversi dalle littorine a cui gli ormeesi erano abituati, dando loro due nomi differenti, a seconda della direzione: «sbrivazzu» quando arrancavano in salita, «scuriazzu», se scorrevano verso valle. Su un’infrastruttura prodigiosa per quei tempi, il ponte dalle 40 arcate che, all’ingresso di Ormea, ha retto anche alla tragica alluvione del ’94.



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LE TUE MANI

Grande è la gioia che provo quando posso stringere le tue mani.
Sento esprimere tutte le cose che non mi hai mai detto,
sento che ancora mi vuoi bene,
anche se non te l'ho mai chiesto.
Nelle tue mani ho messo il mio cuore
e tutto l'amore vero e sincero.
Il tempo è passato ma il mio sentimento non è mai cambiato è ancora forte e vivo.
Spero ancora di stringere le tue mani,
sentire che col pensiero mi sei vicina.
Ti prego! non negarmi la gioia di un tuo saluto
e la speranza che un giorno non lontano,
ancora io possa stringere le tue mani.

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